Nessuno si salva da solo, ma attraverso la cultura della cura

A cura di Guglielmo Labalestra – Vicepresidente Giovani

Nessuno si salva da solo, ma attraverso la cultura della cura, ma cosa vuol dire effettivamente?

Come giovani di Azione Cattolica abbiamo provato a rispondere a questa domanda, facendoci aiutare da chi, come noi, ha deciso di prendersi cura del territorio che vive ogni giorno.

Il 28 febbraio scorso insieme a: Rosella Tegas, consigliera diocesana e consulente aziendale, Giuseppe Omma, un giovane artigiano, che ha deciso di credere nel suo territorio e prendersene cura, ed infine Francesca Viggiano, Assessore ai Lavori Pubblici della città di Taranto, ci siamo ritrovati per confrontarci circa lo spendersi per il proprio territorio.

Pur nella chiara consapevolezza della difficoltà del momento attuale, non vogliamo lasciarci trasportare da questa negatività verso la deriva, ma, anzi, è questo il momento ideale per rialzarci e per provare a credere che insieme si possano affrontare le difficoltà e costruire pian piano il presente. Presente che ci vede abitanti di una città che per anni è stata identificata nella monocultura dell’acciaio; eppure, recentemente c’è stata una scossa in positivo: una voglia di cambiamento. Abbiamo capito che si può vivere anche diversamente, cercando di prenderci cura del territorio e utilizzando le varie risorse presenti su di esso.

Per questo evento abbiamo scelto Giuseppe, proprietario di una bottega che produce ceramiche, in quanto emblema di questo cambiamento di rotta. Ci invita ad avere coraggio, coraggio di investire nel proprio territorio e avere fiducia, nel Signore e nelle istituzioni, che si rendono disponibili verso tutti coloro che hanno voglia di investire nel territorio.

Proprio per capire il pensiero delle istituzioni era presente l’assessore Francesca Viggiano, che ci ha ricordato come sia fondamentale prendersi cura del territorio partendo da noi stessi, e non pensando sempre agli altri. Il primo esempio di impegno possiamo proprio essere noi, e non dobbiamo scoraggiarci ed avere paura di essere soli inizialmente. Il cambiamento non è mai semplice, porta, specialmente all’inizio, molte difficoltà e solitudine; eppure, non dobbiamo fermarci alle prime difficoltà ma creare relazioni di pace che ci aiutino a sentirci meno soli e più forti. In questo, forte è l’esempio di “Mimmetto“, un giovanissimo abitante della città vecchia di Taranto, che non si è mai scoraggiato. Inoltre l’assessore ha sottolineato la disponibilità delle istituzioni nell’affiancare i cittadini nei loro progetti di cura e riqualificazione del territorio.

Ed infine grazie all’intervento di Rosella Tegas, che ci ricorda che non dobbiamo mai dimenticare di credere nelle nostre capacità, quelle che Dio ha messo in ognuno di noi, abbiamo compreso che come giovani di AC è necessario educarci ogni giorno alla relazione con noi stessi e con gli altri. Essenziale per noi è vivere la comunità come opportunità di crescita.

Il nostro augurio è che ogni laico possa sentire il desiderio e la voglia di appartenere alla diocesi e alla parrocchia con consapevolezza e responsabilità, affinché l’impegno di ognuno si incarni lungo le strade dei quartieri, delle città, per arrivare ad ogni angolo del mondo.

“NELLE MANI DEL RISORTO” – L’esperienza degli Esercizi Spirituali online

A cura di Antonella Caputo – Vicepresidente Adulti

Dal 12 al 14 marzo si sono svolti gli esercizi spirituali dell’Azione Cattolica. Neanche quest’anno si è voluto rinunciare a questo sentito appuntamento che non ha potuto vederci in presenza, ma grazie all’uso dei mezzi tecnologici a nostra disposizione si è potuto ovviare a questa mancanza.

Wathsapp e piattaforma online ci hanno permesso di riunirci per pregare, meditare e confrontarci con la guida del nostro assistente don Carmine Agresta. La modalità è stata pensata e organizzata dalla Presidenza e dalla Commissione web di AC, i quali hanno lavorato con impegno e attenzione affinché gli esercizi spirituali potessero effettuarsi al meglio nelle condizioni attuali.

Le meditazioni erano incentrate sull’Apocalisse di Giovanni, un libro dal forte valore simbolico che ha interessato e incuriosito i vari partecipanti a questo appuntamento: ogni mattina sul canale Youtube della nostra associazione (Azione Cattolica Taranto) abbiamo ascoltato il commento delle prime 3  lettere alle 7 chiese dell’Asia Minore.

Il commento autorevole di don Carmine ci ha accompagnato nelle comunità cristiane di EfesoSmirne e Pergamo, introducendoci alla bellezza del messaggio del Risorto a loro inviato, lasciandoci spunti di riflessione da meditare durante la giornata.

Abbiamo conosciuto meglio EFESO , fedele alla sua dottrina ma dimentica del suo “primo amore”; SMIRNE e la sua minoranza di dinamica comunità  cristiana; PERGAMO città pagana tollerante coi cristiani purché adorassero l’imperatore.

La sera, su piattaforma, abbiamo potuto ritrovarci per un momento comunitario, per pregare ma anche per condividere ciò che la Parola meditata ha suscitato in noi.

Abbiamo raccolto i commenti di alcuni partecipanti per capire se e quanto abbiano gradito questo incontro che con questa modalità online ha comportato, ne siamo consapevoli, un piccolo sacrificio in termine di attenzione e di raccoglimento spirituale.

Sottolineo l’attenzione dell’AC verso le esigenze spirituali degli aderenti e ho considerato la lettura delle pagine proposte come attuali e profetiche, riuscendo a ritagliarmi spazi di preghiera pur nel caos della quotidianità, una vera sfida che ho vinto in un tempo in cui siamo sempre connessi

GABRIELLA IAVERNARO

Una esperienza molto positiva; in questo momento  connettersi online era l’unica scelta possibile e l’AC ce l’ha offerta. Impossibilitati a creare un adeguato spazio di silenzio, la modalità impostaci dalla pandemia ha comunque reso possibile entrare in profondità nella parola di Dio scoprendo un testo non facile che, grazie alla presentazione su YOUTUBE, consente il riascolto.

MARIA CARMELA BASILE

Tecla gioca sul neologismo PAD , preghiera a distanza, che ha permesso comunque di fermarsi un momento in casa tra le tante attività quotidiane per mettersi nelle mani del Risorto, l’unico che non ha mai sperimentato la distanza.

TECLA ZANI

L’esperienza del deserto in città ha permesso di meditare la Parola e pregare tra gli impegni quotidiani, evento faticoso ma rivelativo della nostra continua spiritualità animata dallo Spirito Santo. Angela sottolinea la qualità delle meditazioni proposte visualizzate da un numero elevato di persone e l’arricchimento reciproco delle collatio serali

ANGELA GIUNGATO

Tutto ciò che è nuovo spaventa un po’ e gli esercizi spirituali in virtuale lo era ancora di più. Ma quando si realizza che la casa diventa realmente chiesa domestica tutto diventa normale perché la quotidianità della vita diventa se stessa esercizio spirituale.

PASQUALE MASSAFRA

La difficoltà a ritagliarsi spazi e momenti di vero deserto in mezzo alla realtà quotidiana che ci impegna c’è stata, ma ho potuto ugualmente apprezzare queste meditazioni che don Carmine ha reso semplici e comprensibili collegando il testo dell’Apocalisse ad altri passi della Sacra Scrittura. Un’esperienza che mi ha fatto riflettere sulla vita attuale e sulla situazione della Chiesa in questo tempo.

LETIZIA CRISTIANO

Queste sono alcune considerazioni che abbiamo raccolto. Sono state, naturalmente, sottolineate le difficoltà che tutti noi abbiamo riscontrato ma che ci hanno reso consapevoli del fatto che un cammino accidentato non può cambiare il nostro percorso, non lo può fermare.

La Parola continua ad essere luce che illumina i nostri passi e noi, come soci di AC, siamo chiamati ad essere testimoni attivi e fedeli in qualsiasi tempo.

Grazie agli organizzatori, a don Carmine e a tutti coloro che hanno partecipato a questi esercizi spirituali un po’ particolari.

Aspettiamo con fiducia tempi migliori continuando il nostro cammino al fianco del Risorto.

Lo sguardo dei giovani

A cura di Alessia Colucci – Consigliere diocesano

Pandemia, lockdown, Covid-19, queste sono solo alcune delle parole che, ammettiamolo, hanno segnato in maniera totalizzante ogni aspetto della nostra vita da marzo 2020 fino ancora ad oggi. In questo tempo e in questa prospettiva, inevitabilmente, è stato segnato il nostro cammino come giovani di Azione Cattolica, un po’ perché non potevamo certo esimerci dal rispetto delle regole imposte dal Governo, su richiesta della comunità medica e scientifica, in quanto segno di quella responsabilità civile a cui tanto aneliamo come associazione e come singoli, ma soprattutto perché, il cammino di un giovane in AC coincide con la sua vita nella società. 

È così che si sono affacciati i primi sentimenti di solitudine, tristezza, sconforto, che hanno accompagnato la quotidianità di, forse, ogni ragazzo, più in generale di ogni essere umano, che si sia improvvisamente trovato a mettere in pausa ogni aspetto sociale della propria vita. Scuola, università, lavoro, parenti, amici, incontri, convegni, feste, ogni cosa è stata sospesa, per più o meno tempo, o rivoluzionata nel suo funzionamento, comportando un ovvio spaesamento di ciascuno di noi. 

È proprio in questo momento che all’interno delle nostre teste inizia a rimbombare la necessità di sentirci più vicini, anche se a distanza, e di poter continuare a sostenerci, affiancandoci l’uno al cammino dell’altro. E come farlo? 

Come équipe giovani, abbiamo pensato che sfruttare i social fosse un modo semplice ed efficace per provare ad arrivare a tutti. Crediamo fortemente nella potenza della comunicazione, e nell’idea che, se usati nel modo corretto, i social e le tecnologie possano essere una risorsa fondamentale, soprattutto in tempi in cui la vicinanza fisica potrebbe essere più un rischio che un aiuto. 

Abbiamo sentito l’esigenza di continuare a tenere i contatti con chi nelle parrocchie cerca di prendersi cura dei ragazzi della nostra diocesi, provando ad incontrarci online, a chiacchierare, ma anche a chiederci di cosa, in questi mesi, sentiamo necessità. 

Nell’ottica del riscoprire la bellezza, anche in momenti in cui questa ci sembra poco visibile, abbiamo scelto di “adorare il lunedì”, di guardarci intorno e di saper riscoprire che, proprio nel giorno che un po’ tutti detestano, possiamo ripartire nel segno della bellezza, ricaricati dall’ascolto della Parola della domenica e dalla promessa di viverla nella vita di ogni giorno. Rifacendoci all’iniziativa nazionale, ogni lunedì chiediamo a dei ragazzi delle nostre parrocchie di raccontarci, con immagini, video o frasi, il loro personale “adoro il lunedì “, pubblicando poi il tutto sui nostri canali social, affinché lo sguardo gioioso di uno possa contagiare quello di tanti. 

Abbiamo, inoltre, dato avvio ad un’iniziativa social chiamata “ti devo dire un fatto”, con la quale ogni mercoledì sui nostri social proviamo a dare degli spunti di riflessione su alcuni temi che sentiamo, in un momento così delicato, importanti da affrontare (ad esempio abbiamo affrontato il tema dell’immobilismo nel tempo attuale, della relazione con Dio, della solitudine e della relazione con sé stessi). Così per non perdere l’allenamento, anche in un tempo in cui tutto ci sembra fermo, cerchiamo di interrogarci e di chiederci cosa non va, cosa possiamo fare come giovani e come possiamo migliorarci. 

Tutto questo perché non possiamo e non dobbiamo mai perdere i contatti con ciò che accade nel mondo e, anche nella difficoltà, saper essere fermento vivo di una società che non può “arrendersi” alla prospettiva di una vita in stand-by. Per questo vogliamo impegnarci personalmente, per quello che ci è possibile, a sentirci sale della Terra e a fare in modo che anche la più piccola porzione di storia che tocchiamo possa prendere sapore dal nostro entusiasmo e dalla nostra freschezza. 

È ovvio che speriamo di poterci riabbracciare tutti il prima possibile, ma nell’attesa di poter di nuovo stringerci la mano, sorridere a viso scoperto e fonderci in un grande abbraccio, vogliamo augurarci di saper vivere ogni momento che ci viene affidato da Dio con sguardo critico, interrogatorio, ma soprattutto tenero e aperto a tutti. 

Il termine Pace

A cura di Antonella Caputo – Vicepresidente Adulti

Il termine Pace, come il termine Amore, indica la non violenza interiore. Papa Francesco, citando Paolo VI, descrive il cammino verso la pace come l’unica e vera linea dell’umano progresso. 

L’esempio ce lo consegna Gesù di Nazareth nel discorso della montagna sulla vera felicità, nell’amore per gli ultimi e l’indipendenza dai potenti, nel coraggio con cui morì per amore fedele alla verità e all’umanità, difendendosi unicamente con gesti e parole di verità. Gesù ha lottato contro il male con la pura forza dell’amore. 

Questo è anche un messaggio rivolto ai leader politici e religiosi, è una sfida a costruire la società e la comunità con lo stile degli operatori di pace. Vivere in pace dovrebbe essere una condizione unica e imprescindibile per considerarci popolo evoluto, e nella pace piena si devono considerare anche le libertà dell’individuo: libertà di parola, di opinione e di scelta.  E gli ostacoli alla pace sono molti: pregiudizio, egoismo, indifferenza sembrano meno visibili e quindi meno dannosi degli ostacoli palesi quali guerra, sfruttamento, diseguaglianza economica.  La pace, invece, ha bisogno di servizio e amore per contrastare questo disagio.  Se l’idea di pace viene associata solo all’assenza di guerra ecco che risulta un concetto debole, confuso e generico e quindi sottoposto a strumentalizzazioni, ma bisogna associarla al suo reale significato: una società in cui tutti gli esseri umani possono godere dei propri diritti come frutto maturo di giustizia. 

” La pace che pronunciate con la bocca diventi opera delle vostre braccia”

San Francesco

La grammatica della cura

A cura di Maria Carmela Basile – Consigliere diocesano

Per anni ho insegnato anche grammatica ma mai avrei pensato di collegare i due termini:grammatica e cura che Papa Francesco (non smette mai di stupirci), ha strettamente messo in relazione nel Messaggio per il 1°Gennaio.

Da 54 anni non è una novità il Messaggio per la Giornata della Pace che, puntualmente, i vari papi ci hanno offerto; è un messaggio importante per chi ha a cuore le sorti dell’umanità, per la Chiesa e, per noi di ACI in particolare che concludiamo, in sintonia con l’ACR, il primo mese dell’anno, con la Festa della Pace.

Il titolo dato al messaggio di quest’anno è: “La cultura della cura come percorso di pace”.

Il messaggio, suddiviso in paragrafi, sin dalle prime frasi, esprime l’anelito del Papa, manifestato anche nell’intervista di qualche giorno fa “Il mondo che vorrei”; il desiderio è che “l’umanità progredisca sulla via della fraternità, della giustizia e della pace fra le persone, la comunità, i popoli e gli Stati”, nonostante i vari aspetti della crisi odierna, resi più evidenti dalla pandemia.

L’espressione percorso, all’interno del titolo del messaggio proietta il lettore attento in una dimensione di cammino, itinerario educativo proprio perché , affinché si diffonda una cultura di pace, è necessario educare alla pace.In realtà , così come, seguendo le regole di grammatica ci si allena ad esprimersi bene ,seguendo la grammatica della cura ,ci si educa alla pace.

Ma, quali sono i principi, i criteri della “grammatica” auspicata dal Pontefice? Senza mezzi termini, in maniera chiara e tassonomica, Papa Francesco li elenca: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e indifesi,la sollecitudine per il bene comune e, non ultimo per importanza, la salvaguardia del creato.

Ogni elemento della grammatica della cura merita attenzione,studio, riflessione, discernimento e preghiera da parte di ciascun uomo,qualunque sia il suo credo religioso in quanto elementi fondanti per la costruzione della pace. Ogni cristiano , ancor di più, dovrebbe sentirsi interpellato personalmente e comunitariamente come testimone , nella vita quotidiana, del Principe della Pace.

Non è un percorso facile, ogni giorno si sperimenta la fatica e ciò richiede fede, forza, coraggio e…allenamento.

Quanti esercizi di detta grammatica dovremmo fare ogni giorno per essere veri seguaci di Gesù!

Dobbiamo allenarci molto ,come individui, come comunità sociale e ecclesiale , come associazione per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro contribuendo alla realizzazione dell’accorato invito del papa” …siamo tutti sulla stessa barca ,tutti fragili e disorientati…ma importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme”.Non abbiate paura, avrebbe detto un altro grande papa.

MLAC: vocazioni a lavoro

A cura della Commissione MLAC diocesana

A che serve parlare di lavoro nell’Azione Cattolica? L’Ac non è già attenta a questi temi? E perché un movimento? La risposta, non scontata, non può che essere biblica: Gesù stesso fu un lavoratore, presso la bottega di Giuseppe. E lì conobbe la fatica, ma anche la bellezza, della trasformazione di un pezzo di legno in qualcosa di utile. Pensateci: arte manuale ma anche fantasia, immaginazione e anche utilità. Una esperienza che gli fece conoscere l’umanità pienamente, con l’attività lavorativa capace di recare dignità e vita.

Come riporta il n. 266 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesacon il suo lavoro e la sua laboriosità, l’uomo, partecipe dell’arte e della saggezza divina, rende più bello il creato, il cosmo già ordinato dal Padresuscita quelle energie sociali e comunitarie che alimentano il bene comune a vantaggio soprattutto dei più bisognosi”. Quanto è importante il lavoro! Non più argomento scomodo ma decisivo. Nel lavoro l’uomo si scopre parte attiva della Creazione. Noi stessi, uomini del 2021, creatori di speranza, di Bene Comune. Ci pensate?

A Taranto la scelta di puntare sul Mlac, già evidenziata negli anni con diverse fortune, si è connessa alla fatica di parlare di certe tematiche, nonostante i progetti pensati e il lavoro incessante di incaricati e segretari che ci hanno creduto e hanno dato contributi importanti. Ma si fa fatica. Un po’ perché parlare di lavoro e del suo valore, in senso cristiano, appare difficile. Un po’ perché è uno di quei temi scomodi da lasciare solo ai tecnici, poco presente nelle aule parrocchiali se non perché la guida ce lo suggerisce o esiste uno specifico problema. Taranto, che si avvia ad ospitare la prossima Settimana Sociale, vive inoltre una serie di contraddizioni: il dissidio uomo-ambiente, legato alla presenza del Siderurgico con, storicamente, i benefici economici seguiti da disastri ambientali e lutti a causa di emissioni inquinanti. Possiamo evitare di parlarne? Certamente no. Ne va del nostro essere credenti. Ne va del nostro vedere, del nostro giudicare e del nostro progettare uno sviluppo integrale della persona nella sua totalità. Dobbiamo re-iniziare a pensare che evangelizzare il mondo del lavoro non possa staccarsi dal lavoro evangelico di vivere il mondo in maniera diversa. Non abbiamo la presunzione, certo, di essere Creatori, ma di partecipare al Bene comune questo sì. Il Movimento Lavoratori non chiede folle ma chiede partecipazione, non richiede tanti incontri ma progettazione, non desidera solo pregare ma anche essere azione. Contemplattivi, insomma, sulla scia di quanto anche il Magistero di Papa Francesco indica. Come suggeriva anni fa la Laborem Excercens il lavoro è una vocazione fondamentale dell’uomo. Perciò non ci spezza forse il cuore sapere dell’aumento della disoccupazione, dell’abbandono del territorio da parte dei giovani per altri lidi? Non ci si può non interrogare sulla difficoltà odierna di fare impresa e progettazione sociale in provincia di Taranto. Mancano gesti concreti adeguati a raccontare nuovi modelli lavorativi e di sviluppo. 

La realtà interroga insomma ogni credente. Non possiamo evitarla. E ogni realtà può essere l’evento utile per pensare il mondo come vorrebbe Dio. Il Mlac si pone l’obiettivo di intercettare il bisogno umano del lavoro come vocazione, coglierlo e aiutarlo a concepirsi come Bene comune. Non abbiamo tantissimi mezzi, se non il lavoro, guarda caso, di puntare ai valori dell’agire economico, intercettando le speranze e i progetti che possano risollevare la nostra terra. Il Mlac in questo è di ausilio al Progetto Policoro, nato in Diocesi da qualche anno. Il Progetto è il luogo dove la ricerca attiva del lavoro, la progettazione sociale, l’animazione rivolta all’autoimprenditorialità si connettono ai valori della persona che il Mlac riconosce come fondamento dell’economia. 

Avere il Mlac in Diocesi non significa demandare ad esso l’affrontare le tematiche scomode, chiedergli di agire per creare lavoro, parlare di Ilva ed economia. Non è insomma un ufficio che deve pensare all’azione mentre il resto dell’associazione agisce nell’essere cattolici. Tutt’altro. Il Mlac c’è se l’associazione stessa inizia, come sta già facendo, a interrogarsi sulla vocazione lavorativa e non solo presbiterale e familiare dei nostri giovani. A chiedersi se non sia necessario conoscere meglio la morale sociale, la sconosciuta per tanti iscritti. Inevitabilmente il Mlac parlerà di politica, ma quella alta, quella che diviene forma di carità. Per questo il Mlac è discernimento comunitario, espressione dinamica della comunione ecclesiale, il metodo di formazione spirituale, di lettura della storia e di progettazione pastorale, attraverso il quale diamo attenzione alla vita delle persone. Perché, come insegna la Costituzione, la Nazione si fonda sul lavoro. E questo si fonda sulla persona. In un tempo di individui nell’economia e nella politica tornare alla persona ci pare essenziale. E il Movimento intende farlo. Soprattutto nella nostra Diocesi di Taranto.