Il racconto della scuola associativa

A cura di Angela Giungato & Fabio Mancini

“La formazione è un impegno che qualifica l’Azione Cattolica”.

Da questa affermazione presente nel Progetto Formativo di A.C.I. e dalla profonda convinzione e volontà della Presidenza Diocesana è nata l’esigenza di offrire ai responsabili e ai soci di A.C.I. una Scuola Associativa che rispondesse ai loro bisogni formativi.La priorità metodologica è stata quella di rendere protagonisti i partecipanti in tutte le fasi dell’iniziativa: dalla scelta della tematica, tramite un questionario on-line somministrato a tutti i responsabili parrocchiali, alla modalità soprattutto laboratoriale degli incontri, fino alla stesura di un progetto realizzabile nelle realtà parrocchiali della nostra Diocesi.

Il tema indicato è “Laici di Azione Cattolica fedeli al Vangelo in questo nostro tempo”.

Dalla lettura nei laboratori sono emerse tre emergenze rispetto al tema generale: la dimensione del tempo nella società contemporanea anche alla luce delle esperienze vissute durante la pandemia; il dialogo tra generazioni; la sfida delle nuove forme virtuali di comunicazione.

A questo punto sono intervenuti in due incontri tre esperti che hanno aiutato a leggere con competenza le problematiche emerse: il dott. Ignazio Punzi come psicologo; la dott.ssa Carmen Sale come sociologa; don Salvatore Miscio che ha curato il taglio ecclesiale e associativo nel particolare momento sinodale. Luca Micelli e Monica Del Vecchio hanno raccontato come l’esperienza formativa e comunitaria vissuta in Azione Cattolica ha profondamente segnato la loro vita di laici impegnati nella famiglia, nella professione, nella Chiesa. Nell’ultimo incontro i gruppi hanno elaborato due progetti sui temi trattati: uno sull’alfabetizzazione informatica e ai social tenuta da giovani per gli anziani e l’altro sulla custodia del creato per giovani e adulti.

La Scuola, che si è svolta con momenti precisi durante tutto l’anno associativo, si è conclusa con la soddisfazione dei circa 50 partecipanti, che hanno auspicato una ripresa dell’esperienza per l’anno prossimo.

– Angela Giungato

Venerdì 14 aprile si è concluso il percorso formativo della scuola associativa di Azione Cattolica della Diocesi di Taranto. Ispirato al valore della formazione come impegno ed esperienza qualificante, l’iter è iniziato nel mese di settembre con il primo incontro durante il quale i partecipanti si sono interrogati sul “nostro tempo”: bisogni, urgenze e cambiamenti che hanno trasformato la nostra società e conseguentemente il nostro (nuovo) modo di comunicare, con la consapevolezza di riconsiderare le relazioni intergenerazionali in un nuovo clima culturale. Per questo motivo, nel secondo incontro, è stato necessario che qualcuno, con la sua competente esperienza formativa e scientifica, “raccontasse” e spiegasse i cambiamenti intervenuti nell’attuale contesto sociale in modo da orientare le scelte educative, le prassi pastorali e le eventuali attività formative parrocchiali. L’occasione è stata propizia per approfondire diversi aspetti dell’attuale areopago culturale attraverso una lettura sociologica, pedagogica, psicologica e antropologica.

In seguito all’analisi delle dimensioni implicate nei processi educativi e comunicativi, il percorso formativo ha previsto, nel terzo incontro, la conoscenza di una reale e concreta esperienza progettuale in “azione” che consentisse di fare memoria e tesoro della ricchezza germinale delle esperienze associative come risposte ai bisogni del nostro tempo in cui l’azione non è un semplice ‘fare’ ma è opera di discernimento e di evangelizzazione. Infine l’ ultimo incontro ha segnato il passaggio alle proposte attraverso cui siamo chiamati a “progettare” percorsi educativi rispondenti ai bisogni del nostro tempo in sintonia con gli orientamenti del Progetto formativo (2004) secondo cui questo è tempo di missione e “la comunità e in essa l’associazione devono trovare parole e forme nuove per comunicare il Vangelo ed entrare in dialogo con un mondo in cambiamento”. Noi ci abbiamo provato!

– Fabio Mancini

Protagonisti della realtà! Il racconto dell’SFS 2023

A cura di Elio Simone La Gioia – Segretario MSAC

Siete capaci di cambiare la realtà? È proprio dalla domanda che Papa Francesco ha consegnato ieri nel videomessaggio inviato ai 2000 giovanissimi riuniti a Montesilvano per la Scuola di Formazione Studenti, che ci sentiamo di partire per raccontare questa esperienza.

Molto spesso parlando dei più giovani ci si riferisce a noi come la generazione che non ha voglia di impegnarsi, che ha perso il desiderio di spendersi per gli altri, che non ha a cuore il servizio. L’SFS dimostra invece che ci sono msacchini e msacchine in piccoli comuni e in grandi città, nel nord e nel sud dell’Italia, in scuole più o meno grandi e al passo con i tempi che hanno voglia di prendersi del tempo per incontrarsi e confrontarsi su come poter essere studentesse e studenti in grado di cambiare la realtà.

Al centro dell’iniziativa l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata nel 2015 dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità per tutti entro il 2030. L’Agenda comprende 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che coprono un’ampia gamma di sfide globali, tra cui la lotta contro la povertà, la fame, la disuguaglianza, il cambiamento climatico e la preservazione della biodiversità.

L’obiettivo principale dell’Agenda 2030 è quello di creare un mondo più equo, giusto e sostenibile per le generazioni future, promuovendo uno sviluppo economico inclusivo e sostenibile, una gestione responsabile delle risorse naturali e un accesso equo ai servizi di base come l’istruzione, la salute, l’acqua e l’energia. Per raggiungere questi obiettivi, l’Agenda 2030 richiede una forte collaborazione e un impegno congiunto di tutti i paesi, le organizzazioni internazionali, il settore privato, la società civile e i cittadini.

Abbiamo compreso, accompagnati da ospiti esperti e divisi in officine tematiche, che è nostra responsabilità essere attivi per il raggiungimento di questi obiettivi, nessuno deve sentirsi un attore secondario ma ciascuno può generare movimento ed è capace di cambiare la realtà partendo dalla propria classe, dal proprio gruppo giovanissimi, dagli ambienti di vita di ogni giorno.

Un’officina tutta particolare è stata curata dei nostri assistenti: l’officina Z, un luogo in cui potersi prendere del tempo, guardarsi dentro e riflettere su cosa ogni giorno ci cambia, perché il cambiamento parte da noi, ma parte soprattutto da dentro di noi, da un cuore rinnovato, don Tonino Bello ce lo ha ricordato quando abbiamo letto il suo testo dove invita noi giovanissimi a convertire il cuore. Don Tonino scriveva infatti: cambia il tuo cuore. È dal cuore vecchio che nasce la guerra. Chiedi al Signore che ti tolga il cuore di pietra e te ne dia uno di carne.

Non sono mancati i momenti di ascolto della realtà, in diversi momenti e con modalità differenti abbiamo riflettuto sulla dura realtà della guerra, ancora troppo presente nel mondo, con 59 conflitti attualmente in corso. Siamo stati in collegamento con uno studente ucraino che ci ha raccontato quanto sia diventato difficile fare un qualcosa che noi diamo per scontato ma che in questi contesti scontato non è: STUDIARE. È ancora don Tonino Bello a ricordarci l’importanza di studiare e di educarci alla pace: educati alla pace. Si, perché la pace è anche un’arte che si impara. Non basta lo slogan. Non basta una marcia. Non basta un cartello. Ci vuole lo studio. Occorre il confronto. Occorre soffrire. Ti sarà necessario anche prendere posizione: l’equilibrismo non è il modo giusto per difendere la pace.

Vogliamo lasciarci con un augurio scritto nella parte finale della lettera che Giulia Grasso, attivista per i diritti degli studenti, ha letto l’ultimo giorno di questa SFS c’è scritto: scegliete di studiare per voi stessi, per la vostra cultura, per il vostro futuro. Scegliete di vivere, e non lasciate che nessuno vi dica come dovete sentirvi. Chi dovete essere. Cosa dovete studiare. Perché dovete studiare. Cosa fare del vostro futuro. Siate voi gli autori della vostra vita, anche sbagliando. Ma non dimenticate mai che l’errore, la bocciatura, il voto, non siete voi.

Torniamo a casa, nella nostra diocesi e nel nostro circolo con ancora più voglia di essere studenti impegnati, con ancora più voglia di essere e di fare movimento!

Maturità 2022: Maturi Wannabe!

A cura dell’Equipe MSAC diocesana

Care amiche e cari amici maturandi, sicuramente questa non è una notte come le altre, è una di quelle notti in cui si fa fatica a dormire e si rimane svegli a pensare a tanti ricordi che hanno reso unico il nostro percorso negli anni della scuola superiore.

Un pensiero speciale va sicuramente al primo giorno di scuola del primo anno, ti ricordi? Tutto ha avuto inizio lì salendo i gradini di una scuola, piccola o grande, vicina o lontana da casa. Proprio salendo quei gradini sei cresciuto e maturato, hai imparato a conoscere i tuoi pregi e a valorizzare i tuoi limiti.

Cara amica o caro amico che leggi questo messaggio ti prego di non pensare all’esame come un momento formale, uno step da superare, un qualcosa che prima passa e meglio è. Questi giorni così intensi sono meravigliosi perché sono l’occasione per ciascuno di parlare della propria vita a scuola, ti prego di ricordalo mentre svolgi la prova di Italiano o ti prepari con ansia per l’orale!

Volevo anche dirti che questo per noi studentesse e studenti è tempo non solo di protagonismo ma anche di cambiamento. Queste due parole, strettamente connesse tra loro, sono ingredienti quanto più necessari in questo tempo così particolare, dove la paura per la guerra che è alle porte dell’Europa, la preoccupazione per la recessione economica e l’instabilità politica sono i principali protagonisti della cronaca e dell’attualità.

È questo un tempo che ha bisogno di giovanissimi che hanno voglia di studiare, di formarsi e di informarsi. “Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo” (Gianni Rodari). Maturità è comprendere che ciò che studiamo ci apre degli spazi di infinito e di libertà, ci rende liberi di sviluppare un pensiero critico e libero da condizionamenti. Il mondo oggi ha bisogno di giovani che sono pronti a dire la loro, che non hanno paura di esprimersi, che sanno con garbo, educazione e decisone far sentire la propria voce.

Non possiamo e non dobbiamo dimenticare però che sono stati anni difficili, veniamo da un percorso di didattica a distanza e didattica digitale integrata. Molti di noi hanno toccato con mano la sofferenza per una scuola vissuta da casa per periodi più o meno lunghi. In particolare il 2022 ha visto classi continuamente divise tra compagni online e in presenza.

Un pensiero in questo messaggio sento di rivolgerlo a quanti hanno perso un amico, un parente o un conoscente durante questi anni di pandemia, è anche per loro che abbiamo il dovere di impegnarci perché ciascuno a proprio modo ha lasciato in noi un’eredità che va custodita e conservata.

Ancora sento di voler spendere qualche parola per i professori, compagni di viaggio che da buoni seminatori ogni mattina escono per seminare. Nel seme piantato in ciascuno di noi è presente il futuro perché il seme porta in sé il pane di domani, la vita di domani. Il seme appare quasi niente, è nascosto tra una pagina di letteratura, delle equazioni di matematica e degli esercizi di inglese, tuttavia il seme è la presenza del futuro, è promessa già presente oggi.

Coraggio dunque! Impegnati a far germogliare quel seme, a diffondere il profumo buono e inebriante che è frutto di quel seme. Il mondo ha bisogno di vedere, toccare, fare esperienza di germogli nuovi, il mondo ha bisogno di testimoni di una scuola bella, al passo con i tempi, una scuola capace di formare i cittadini del domani.

L’obiettivo principale della scuola è quello di creare uomini che sono capaci di fare cose nuove, e non semplicemente ripetere quello che altre generazioni hanno fatto” (Jean Piaget).

Ad maiora maturandi!

Ci sono anche io – Parola agli studenti

A cura di Elio Simone La Gioia – Segretario MSAC

Ci sono anche io” è lo slogan che ha guidato la riflessione, il confronto e l’incontro di studentesse e studenti in 6 città italiane nel weekend tra l’1 e il 3 Aprile.

I giovanissimi di Puglia e Basilicata si sono ritrovati a Lecce con il desiderio profondo e autentico di mettersi in ascolto l’uno dell’altro. In fondo i Campi Interregionali Per Studenti sono un po’ questo: un’esperienza di condivisione e ascolto, una possibilità per ciascuno di dire la propria, di far emergere criticità ma anche di condividere buone pratiche e proposte.

Condividere il bello e il buono che c’è nei nostri circoli e, più in generale, nella nostra associazione è una delle indicazioni che ci erano state affidate durante l’ultima assemblea nazionale. Ma c’è di più, il MSAC permette a tutti di raccontare e far conoscere la propria esperienza tra i banchi di scuola.

In sei punti diversi del nostro Paese studentesse e studenti hanno provato a rallentare il passo per trovare parole nuove, capaci di lasciare il segno. Come msacchini, studenti, giovanissimi abbiamo bisogno di un ascolto profondo e autentico per scegliere le parole giuste e per preparare la nostra voce a rompere il silenzio nel modo opportuno.

Abbiamo toccato con mano quanto la nostra voce conta, ci siamo resi conto che la nostra voce è in grado di fare qualcosa di più importante che alzare la voce: quella di dare una parola di confronto, sollievo, vicinanza, a chi è solo. Abbiamo la grande opportunità di dire al mondo il nostro pensiero, farci conoscere dagli altri e ri-conoscerci, e, attraverso quel pensiero, rendere il mondo un posto più giusto, più bello, più educato, più gentile. Se siamo al mondo è solo per dare voce a chi voce non ha. Se la nostra vita deve avere un senso è quello di non tacere le ingiustizie.

Con la voce si muovono le masse, si muovono le montagne, si fa la guerra e si fa la pace (Cos’è la guerra se non la mancanza di un dialogo? E la pace cos’è se non il coraggio di guardarsi negli occhi e ricucire un dialogo?).

Torniamo a casa, nella nostra quotidianità, ricordandoci il valore che quel “Ci sono anche io” acquisisce per ciascuno di noi, per quanto le sfide di ogni giorno siano scomode, paurose, pericolose, con coraggio e impegno vogliamo esserci. Come giovani scegliamo abitare da protagonisti soprattutto queste situazioni di difficoltà, avendo a cuore i nostri compagni, il nostro gruppo giovanissimi, tutte le persone che ogni giorno incontriamo lungo il cammino.

Come studentesse e studenti scegliamo di esserci con uno stile particolare, lo stile msacchino, quello stile che dà un di più al nostro essere studenti, cristiani e cittadini. Ci stanno a cuore non solo le nostre scuole, ma anche il luogo in cui viviamo e, per questo, esserci significa prendere l’iniziativa, attivarsi, mettersi in movimento senza aspettare che sia l’altro a far qualcosa. In prima persona, nel nostro piccolo, desideriamo aprire gli occhi su ciò che non va nel nostro territorio e ci interessa prendercene cura.

Da questa esperienza però portiamo in valigia anche tanta amicizia, relazioni e vite che si sono intrecciate in così poco tempo, tra laboratori, attività e preghiera insieme. Abbiamo scoperto che la somma di tanti “io” avrà come risultato uno splendido “noi”. Ci siamo resi conto che anche il compagno di classe più timido, che all’apparenza non parla mai, può essere a volte la voce più intonata di un coro.

Il nostro compito adesso è continuare ogni giorno a ripeterci con decisione quel “Ci sono anche io”, perché è solo nostra la responsabilità dell’essere presenti, sicuramente le parole, le storie e i volti di questi giorni vissuti insieme ci saranno di stimolo!

Ai banchi di partenza: la rivoluzione dell’avere a cuore

A cura dell’Equipe MSAC diocesana

“Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio a averla piena. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter far scuola. Bisogna aver le idee chiare in fatto di problemi sociali e politici. Non bisogna essere interclassisti, ma schierati. Bisogna ardere dell’ansia di elevare il povero a un livello superiore. Non dico a un livello pari a quello dell’attuale classe dirigente. Ma superiore: più da uomo, più spirituale, più cristiano, più tutto” (Esperienze pastorali p.239)

Hai preparato lo zaino? Hai preso tutto? Diario, quaderni e astuccio ci sono? Scommetto che la tua giornata è iniziata con almeno una di queste domande, segno che c’è qualcosa di diverso rispetto ai giorni precedenti: è tornata la scuola! Oggi per molti studenti della nostra diocesi suonerà la prima campanella, torneremo in quel posto tanto amato e temuto, torneremo a ritrovarci alla fermata dell’autobus ancora assonnati, a parlare con il compagno di banco, a rivedere i professori e a conoscerne di nuovi.

Quest’anno scolastico si apre ancora una volta in un contesto non semplice, l’influenza della pandemia all’interno delle nostre vite è ancora forte e nell’aria si avverte un timido senso di fiducia rispetto alla totale ripresa delle attività didattiche in presenza. In questo clima di incertezza noi studenti abbiamo un compito molto importante: studiare per essere seminatori di speranza.

Papa Francesco nella Fratelli Tutti ci ricorda che “il modo migliore per dominare e avanzare senza limiti è seminare la mancanza di speranza e suscitare la sfiducia costante” (Fratelli Tutti 15). Come noi giovanissimi possiamo diventare seminatori di speranza? Studiando e volendo bene alla nostra scuola, ai nostri compagni e anche a quel professore che non riusciamo proprio a sopportare. Studiare infatti è molto più che il lavoro richiesto a noi adolescenti: si tratta di una responsabilità sociale. Infatti, ogni volta che ci offriamo con disponibilità ad apprendere cose nuove, stiamo già modificando la nostra società. Qualche anno fa una ragazza di nome Malala ha ricordato al mondo proprio questo, con l’ormai celebre frase: “un bambino, un insegante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.

Ci auguriamo dunque un nuovo anno scolastico in cui poter prendere sempre più consapevolezza del gesto rivoluzionario che svolgiamo sui banchi di scuola, è importante che questa piccola gigantesca rivoluzione non resti solo un bell’Ideale ma diventi uno stile di vita da esercitare. È una nostra responsabilità che non possiamo rifiutare o delegare, ma siamo chiamati ad accogliere perché “prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi” (Fratelli Tutti 17).

Ci auguriamo di avere aspettative grandi sulla nostra scuola e di metterci in gioco in prima persona affinché mete sempre più alte siano raggiunte. Specialmente nei momenti più difficili, quando con la scuola siamo arrabbiati perché c’è qualcosa che non funziona, quando ci ritroveremo ad affrontare i problemi che la pandemia aveva messo in pausa e quelli che sono emersi durante l’emergenza sanitaria.

Ci auguriamo di essere studenti inquieti che non sia accontentano delle risposte preconfezionate ma hanno desiderio di conoscere, scoprire, approfondire. Inquieti non significa essere seduti all’ultimo banco e disturbare, non significa nemmeno alzare la voce quando qualcosa non ci va giù, non significa essere polemici ed aizzare i nostri compagni. Inquieti vuol dire essere sempre in Movimento, quello con la M maiuscola. Un Movimento in cui circolino idee, proposte, progetti. Un Movimento che faccia sentire ciascuno accolto e amato. Un Movimento che veda noi studenti protagonisti ma non unici attori, perché la scuola la si migliora solo insieme, lavorando e sognando insieme con i dirigenti, i docenti e il personale amministrativo.

Buona rivoluzione a tutti!

Generazioni a confronto

A cura dell’Equipe MSAC diocesana

Ciao a tutti ragazzi! Noi msacchini abbiamo deciso di portarvi un contenuto diverso dal solito: abbiamo intervistato due ragazzi della nostra equipe e una professoressa. Ci siamo resi conto di come, molte volte, coloro che vediamo come le persone che meno possono capirci sono in realtà le più vicine.

Ma presentiamo i protagonisti di quest’intervista…

La prima persona che vogliamo presentare è la professoressa Marisa Nasti (PROF.MN), insegnante di lettere classiche al Liceo “Tito Livio” di Martina franca.

La seconda persone che presentiamo è Francesca Speziale(FS), alunna del liceo “Tito Livio” di Martina Franca. La sua passione sono le lingue e spera, un giorno, di diventare insegnante.

L’ultimo, ma non per importanza, è Daniele Taurino (DT), alunno dell’istituto elettronico “Majorana” di Martina Franca. Spera di poter intraprendere la carriera militare.

Dopo un breve intervento del segretario MSAC diocesano Simone, abbiamo iniziato con l’intervista.

COS’È PER TE LA SCUOLA?

PROF.MN: “Io credo moltissimo nella scuola. Per me è il mio mondo, un mondo che mi gratifica tantissimo, un mondo che mi appassiona tantissimo soprattutto perché fatto di relazioni. La scuola non è solamente trasmettere delle nozioni ai ragazzi ma anche tessere delle relazioni con loro. Per me scuola significa educare, sia a livello di conoscenze che di relazioni”.

FS: “Per me la scuola è l’ambiente nel quale posso esprimermi al meglio, non è solamente studio ma anche sapere, conoscere e applicare ció che studiamo; è l’ambiente nel quale posso affermare le mie idee e le mie convinzioni. La scuola è anche esprimere se stessi e fare ci  che più ci piace”.

DT: “La scuola per me è un luogo di formazione culturale e non, un luogo dove instaurare relazioni e aiutarsi a vicenda. Qui riusciamo a capire quanto il confronto con una persona adulta possa essere costruttivo”.

MEGLIO LA SCUOLA IN PRESENZA O LA DAD?

PROF.MN: “Completamente a favore della scuola in presenza. Probabilmente con la DaD ho potuto sentire i miei alunni più vicini, ho sentito la necessità di stare continuamente a contatto con loro soprattutto durante il primo lockdown. Tanti compiti da correggere ma altrettante relazioni da continuare a tessere. Temo che questa situazione possa generare dei precedenti; spero che questa non diventi l’occasione per sostituire determinate cose che si facevano in presenza con la didattica a distanza. Certo ci siamo arricchiti di capacità dal punto di vista informatico e ritengo anche utile la lezione a distanza quando non si tratta di scuola quotidiana, quindi per orientamenti universitari ad esempio, permettendo così ai ragazzi di arrivare a “frequentare” ambienti che probabilmente nella normalità non avrebbero potuto toccare. La didattica a distanza, secondo me, penalizza in un certo senso gli studenti che molto spesso non riescono a distaccarsi dal nucleo famigliare e di conseguenza potrebbe venire a mancare un punto fondamentale della scuola ovvero quello dell’esprimere se stessi.

FS: “Anche io preferisco la scuola in presenza. Forse l’unica cosa positiva della DaD è il potermi alzare più tardi la mattina poiché, essendo pendolare, la mattina ero costretta a svegliarmi presto per arrivare puntuale a scuola. Ma continuerò  a preferire la scuola in presenza perché con la DaD stiamo vedendo mancare sempre meno il contatto umano tra studenti e professori. La stessa attenzione che si presta alla lezione è ormai diventata minima. Noi vogliamo continuare a fare scuola ma non così. Spero di poter ritornare al più presto sui banchi di scuola come abbiamo sempre fatto”.

DT: “Anch’io preferisco la didattica in presenza. Sono molto in difficolta con il programma e recuperare con queste modalità non è per nulla semplice. Stare in ambiente scolastico mi aiuterebbe a rimanere concentrato cosa che da casa viene meno”.

COME STAI VIVENDO QUESTO PERIODO?

PROF.MN: “Attualmente vedo questo periodo come un periodo senza via d’uscita: quando sembra che le cose stiano migliorando, si torna indietro. Penso che abbiamo usato male il tempo datoci in estate. Ci siamo sentiti liberi di tornare alla normalità e poi di piombo ci siamo trovati chiusi drasticamente. Sono una persona molto attiva e ormai la mia volontà è piuttosto relativa. Ripongo davvero molta speranza nel vaccino”.

FS: “Questo per me è un periodo molto buio e pieno di confusione, determinato anche dal rientro a scuola rinviato di settimana in settimana. La situazione in se per se è molto grave, i posti letto sono minimi, se non inesistenti e ci sono tante persone che stanno morendo, il covid è sempre in agguato”.

DT: “Personalmente sto vivendo questo periodo sotto pressione. Sto cercando di dare il meglio di me e di riportarmi al passo con il programma. Spero che questo periodo sia un periodo di transito anche se leggendo le notizie sembrerebbe non essere così”:

COS’È PER TE IL COVID?

PROF.MN: “Io purtroppo credo che il covid sia una malattia seria. Ho perso mia mamma proprio per questa malattia quindi ho potuto toccare da vicino, anche perché poi sono diventata positiva anche io. Il covid esiste ed è diventato per me e la mia famiglia una minaccia, anche per la nostra pace interiore. Anche se chi non lo prova pensa sia lontano, il covid è molto vicino e colpisce anche le persone più inaspettabili. Al covid non si sfugge”.

FS: “Anche io penso che il covid sia una brutta malattia. Anche noi come famiglia abbiamo vissuto da vicino questa situazione e provato tanta tristezza, ma anche tanta rabbia. Il covid è una brutta malattia che non perdona nessuno”.

DT: “Anche io sono d’accordo con voi. A me stamattina è arrivata la notizia di una persona venuta a mancare per covid. Mi verrebbe da dire che oltre ad essere una malattia, è anche una vera e propria sfida”.

COSA PENSI CHE MANCHI AGLI STUDENTI/AI PROF?

PROF.MN: “La relazione con gli altri anche se spesso vedo in alcuni ragazzi un atteggiamento di comodo che li porta a strumentalizzare la situazione, così da rimanere chiusi nelle loro vite. Come insegnate mi manca davvero tutto; noi abbiamo bisogno di stare insieme, l’uno con l’altro anche solo per confrontarci.”.

FS: “Vale anche per me. Penso che sia a noi alunni che ai professori manchi il contatto umano”.

DT: “Concordo anche io. Penso che sia proprio questa la cosa che più di tutto sia mancata a tutti noi”.

Ed infine abbiamo chiesto: QUALE MESSAGGIO VORRESTE MANDARE A COLORO CHE LEGGERANNO QUEST’INTERVISTA?

PROF.MN: “Abbiate fiducia ragazzi. Continuate a stare attenti e cercate di cogliere il meglio da quello che ogni giorno la vita ci sta offrendo”.

FS: “Tenete duro, perché nonostante non sia un momento facile, dobbiamo essere fiduciosi e ottimisti. Abbiate pazienza e speranza affinché questo covid ci lasci al più presto. Ce la faremo!”.

DT: “Siate sempre propositivi verso questa situazione e soprattutto impegnatevi sempre anche a livello didattico, nella speranza di tornare al più presto alla normalità”.

Ringraziamo ancora la prof.ssa Marisa Nasti per aver preso parte a quest’intervista e ringraziamo tutti voi che state leggendo.

Studenti tra DAD e Sogni

A cura dell’Equipe MSAC diocesana

Come tutti ben sappiamo, ci troviamo nel mezzo di una pandemia che ha condizionato la vita non solo degli individui, ma dell’intera società civile; e, in particolare, ha cambiato il sistema scolastico, il rapporto tra gli studenti e con gli insegnanti. Nessuno avrebbe potuto pronosticare un evento di tale portata. Nonostante questo, vorrei che provassi per un momento a chiudere gli occhi e ad immaginare che le scuole, in realtà, sono state chiuse in occasione delle vacanze estive e che il Governo italiano ha pensato bene di rimandare la loro apertura per permettere a noi ragazzi di dedicarci alle passioni a cui teniamo di più, a quelle attività che altrimenti non riusciremmo a fare se fossimo sommersi di studio. Resta con gli occhi chiusi, immagina di essere sul letto in camera tua mentre aspetti di incontrare quella persona che, lo sai, è in grado di cambiarti l’umore in poco tempo: probabilmente ne hai tanto bisogno, perché proprio oggi, tra l’autobus strapieno di gente, la prof. che ti ha colto impreparato, tua madre che urla perché tu metta a posto la camera, vorresti gettare la spugna e cancellare tutto. Poi, d’un tratto, riesci a vedere e ad abbracciare quell’amico/a che ti farà spuntare un sorriso, magari andrete al cinema insieme oppure vi mangerete una bella pizza in quel locale che tanto vi fa impazzire! 

Ora apri lentamente gli occhi e non ti demoralizzare nello scoprire che purtroppo tutte queste emozioni, che hai vissuto fino a poco tempo fa sono lontane, adesso l’unica cosa che ci è concessa è quella di incontrare online, e non dal vivo, i nostri affetti più cari. Tuttavia non rattristarti perché, dopo ogni temporale, esce sempre il sole!

Effettivamente in questo momento le scuole sono chiuse, e non perché sono state prolungate le vacanze estive: in questa situazione noi studenti sentiamo di essere come una barca in mare aperto, sballottata dalle onde dell’incertezza, oscillando tra la possibilità di tornare fra i banchi di scuola e la necessità di continuare a stare a casa in DAD. 

Di solito la maggior parte degli studenti delle classi superiori è chiamata a utilizzare il trasporto pubblico per recarsi a scuola. Forse questo rappresenta l’ultimo ostacolo da superare, per tornare quanto prima in classe. Sarebbe bello poter avere tra le mani una bacchetta magica per risolvere immediatamente tutti i problemi! Non avendone una a disposizione, noi studenti possiamo seguire un’altra strada per contribuire ugualmente a cambiare questo tempo: e cioè ribadire l’urgenza di ristabilire un patto educativo, tra una generazione e l’altra, tra docenti e discenti, tra educatori ed educandi, che metta al centro l’importanza e la bellezza del contatto sincero, del dialogo costruttivo, della disponibilità ad apprendere e ad accogliere da entrambe le parti. Vorremo ribadire anche la necessità di rimettere la causa giovanile ed educativa al centro delle agende politiche, perché uno Stato si rivela adulto e responsabile a partire dalle priorità che si dà; vorremmo che chi decide anche del nostro futuro possa prendersi maggiormente cura di noi “più piccoli”, con passione sincera, e così formarci davvero perché un domani, nella nostra realizzazione personale e sociale, possiamo essere in grado, a nostra volta, di avere a cuore le sorti delle generazioni che verranno!

“La Didattica a distanza sta semplicemente mettendo in evidenza se le scuole erano aperte prima che succedesse tutto questo perché ciò che deve essere aperta è la relazione tra discepolo e maestro. Quando la relazione è reale, ha effetti reali sulle persone. E quindi la distanza sta mettendo alla prova se la relazione esistesse già da prima. […] Si insegna con l’essere prima ancora che con le parole.”  

Alessandro D’Avenia