A cura dell’Equipe MSAC diocesana
“Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio a averla piena. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter far scuola. Bisogna aver le idee chiare in fatto di problemi sociali e politici. Non bisogna essere interclassisti, ma schierati. Bisogna ardere dell’ansia di elevare il povero a un livello superiore. Non dico a un livello pari a quello dell’attuale classe dirigente. Ma superiore: più da uomo, più spirituale, più cristiano, più tutto” (Esperienze pastorali p.239)
Hai preparato lo zaino? Hai preso tutto? Diario, quaderni e astuccio ci sono? Scommetto che la tua giornata è iniziata con almeno una di queste domande, segno che c’è qualcosa di diverso rispetto ai giorni precedenti: è tornata la scuola! Oggi per molti studenti della nostra diocesi suonerà la prima campanella, torneremo in quel posto tanto amato e temuto, torneremo a ritrovarci alla fermata dell’autobus ancora assonnati, a parlare con il compagno di banco, a rivedere i professori e a conoscerne di nuovi.
Quest’anno scolastico si apre ancora una volta in un contesto non semplice, l’influenza della pandemia all’interno delle nostre vite è ancora forte e nell’aria si avverte un timido senso di fiducia rispetto alla totale ripresa delle attività didattiche in presenza. In questo clima di incertezza noi studenti abbiamo un compito molto importante: studiare per essere seminatori di speranza.
Papa Francesco nella Fratelli Tutti ci ricorda che “il modo migliore per dominare e avanzare senza limiti è seminare la mancanza di speranza e suscitare la sfiducia costante” (Fratelli Tutti 15). Come noi giovanissimi possiamo diventare seminatori di speranza? Studiando e volendo bene alla nostra scuola, ai nostri compagni e anche a quel professore che non riusciamo proprio a sopportare. Studiare infatti è molto più che il lavoro richiesto a noi adolescenti: si tratta di una responsabilità sociale. Infatti, ogni volta che ci offriamo con disponibilità ad apprendere cose nuove, stiamo già modificando la nostra società. Qualche anno fa una ragazza di nome Malala ha ricordato al mondo proprio questo, con l’ormai celebre frase: “un bambino, un insegante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.
Ci auguriamo dunque un nuovo anno scolastico in cui poter prendere sempre più consapevolezza del gesto rivoluzionario che svolgiamo sui banchi di scuola, è importante che questa piccola gigantesca rivoluzione non resti solo un bell’Ideale ma diventi uno stile di vita da esercitare. È una nostra responsabilità che non possiamo rifiutare o delegare, ma siamo chiamati ad accogliere perché “prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi” (Fratelli Tutti 17).
Ci auguriamo di avere aspettative grandi sulla nostra scuola e di metterci in gioco in prima persona affinché mete sempre più alte siano raggiunte. Specialmente nei momenti più difficili, quando con la scuola siamo arrabbiati perché c’è qualcosa che non funziona, quando ci ritroveremo ad affrontare i problemi che la pandemia aveva messo in pausa e quelli che sono emersi durante l’emergenza sanitaria.
Ci auguriamo di essere studenti inquieti che non sia accontentano delle risposte preconfezionate ma hanno desiderio di conoscere, scoprire, approfondire. Inquieti non significa essere seduti all’ultimo banco e disturbare, non significa nemmeno alzare la voce quando qualcosa non ci va giù, non significa essere polemici ed aizzare i nostri compagni. Inquieti vuol dire essere sempre in Movimento, quello con la M maiuscola. Un Movimento in cui circolino idee, proposte, progetti. Un Movimento che faccia sentire ciascuno accolto e amato. Un Movimento che veda noi studenti protagonisti ma non unici attori, perché la scuola la si migliora solo insieme, lavorando e sognando insieme con i dirigenti, i docenti e il personale amministrativo.
Buona rivoluzione a tutti!